Il lavoro in Equipè e il GOT
(Gruppo Osservazione-trattamento)
L’intervento pedagogico dell’ educatore in carcere ha come oggetto il
comportamento del detenuto.
Il compito dell’educatore è quello di analizzare le cause interne ed
esterne che hanno determinato la condotta deviante del soggetto. Lo scopo del trattamento rieducativo soggettivo
offerto al detenuto mira a contribuire alla maturazione in lui di un atteggiamento
responsabile al fine di un suo graduale
reinserimento nella società.
Il fine dell’educatore è quello di
intervenire nell’ attività di osservazione e trattamento dei reclusi all’ interno
di un lavoro di èquipe coordinato dal Direttore del carcere.
L’ordinamento penitenziario riconosce all’educatore il ruolo di
segretario tecnico dell’èquipe,
al quale tutti gli operatori penitenziari del gruppo allargato del GOT devono
trasmettere le informazioni ed i dati raccolti durante il percorso detentivo
del soggetto.
Il GOT è il gruppo Osservazione-Trattamento, di cui fanno parte il coordinatore
dell’ educatore e tutte quelle figure che interagiscono con il detenuto o che
collaborano al suo trattamento. È un gruppo la cui composizione è mobile e l’
educatore, quale segretario tecnico, è l’elemento di congiunzione tra il GOT ed
il gruppo interprofessionale che è definito èquipe.
L’èquipe è il gruppo ristretto presieduto dal Direttore dell’ istituto o
dal sostituto, la cui presenza è molto importante. Essa è composta
dall’educatore, dall’assistente sociale incaricato del caso, dall’ esperto e
dall’ispettore comandante; soltanto, quindi, da figure istituzionalmente
competenti. L’educatore convoca la riunione di èquipe ed opera affinché il
detenuto arrivi a dare significato all’esperienza detentiva, superando i
pregressi di rabbia, risentimento e vendetta. È così necessario agire sul senso
di realtà e responsabilità, favorendo nel detenuto processi di
interiorizzazione del proprio vissuto e l’apprendimento a vivere relazioni
positive proprio a partire dal carcere.
Di notevole importanza sono le attività rieducative, le quali promuovono
l’autorealizzazione della persona nella misura in cui quest’ultima riesce ad intravedere
nella detenzione un’opportunità di cambiamento.
Ci sono diverse attività rieducative, tra cui lo studio, il lavoro e la
formazione, in collegamento con il mondo esterno. Il percorso di rieducazione
non è semplice, anzi sono molte le complicazioni, perché spesso il recluso non
riesce ad abbandonare la propria rabbia e aggressività.
La sofferenza per la mancanza di relazioni affettive rappresentano un
grave disagio per i detenuti, che vengono a trovarsi lontani da famigliari,
coniugi e figli.
Un elemento importante all’interno del carcere è quello di riconoscere l’altro
come persona.
Cosa significa quindi educare in carcere? il carcere è un’istituzione totale e quindi si educa in un contesto che
non è quello della vita reale.
Educare in carcere significa educare alla libertà: a riconquistarla, a viverla in modo proficuo per sé e per gli altri.
Il tentativo è di spingere verso un cammino di consapevolezza, autonomia, coscienza e, in senso più ampio, di crescita.
Educare in carcere significa educare alla libertà: a riconquistarla, a viverla in modo proficuo per sé e per gli altri.
Il tentativo è di spingere verso un cammino di consapevolezza, autonomia, coscienza e, in senso più ampio, di crescita.
Il lavoro d'equipe è fondamentale
RispondiEliminaL'educatore deve saper lavorare in gruppo