lunedì 19 gennaio 2015

Il lavoro in Equipè e il GOT

(Gruppo Osservazione-trattamento) 


L’intervento pedagogico dell’ educatore in carcere ha come oggetto il comportamento del detenuto.
Il compito dell’educatore è quello di analizzare le cause interne ed esterne che hanno determinato la condotta deviante del soggetto. Lo  scopo del trattamento rieducativo soggettivo offerto al detenuto mira a contribuire alla maturazione in lui di un atteggiamento responsabile al fine di un suo  graduale reinserimento nella società.
 Il fine dell’educatore è quello di intervenire nell’ attività di osservazione e trattamento dei reclusi all’ interno di un lavoro di èquipe coordinato dal Direttore del carcere.
L’ordinamento penitenziario riconosce all’educatore il ruolo di segretario tecnico dell’èquipe, al quale tutti gli operatori penitenziari del gruppo allargato del GOT devono trasmettere le informazioni ed i dati raccolti durante il percorso detentivo del soggetto.
Il GOT è il gruppo Osservazione-Trattamento, di cui fanno parte il coordinatore dell’ educatore e tutte quelle figure che interagiscono con il detenuto o che collaborano al suo trattamento. È un gruppo la cui composizione è mobile e l’ educatore, quale segretario tecnico, è l’elemento di congiunzione tra il GOT ed il gruppo interprofessionale che è definito èquipe.
L’èquipe è il gruppo ristretto presieduto dal Direttore dell’ istituto o dal sostituto, la cui presenza è molto importante. Essa è composta dall’educatore, dall’assistente sociale incaricato del caso, dall’ esperto e dall’ispettore comandante; soltanto, quindi, da figure istituzionalmente competenti. L’educatore convoca la riunione di èquipe ed opera affinché il detenuto arrivi a dare significato all’esperienza detentiva, superando i pregressi di rabbia, risentimento e vendetta. È così necessario agire sul senso di realtà e responsabilità, favorendo nel detenuto processi di interiorizzazione del proprio vissuto e l’apprendimento a vivere relazioni positive proprio a partire dal carcere.
Di notevole importanza sono le attività rieducative, le quali promuovono l’autorealizzazione della persona nella misura in cui quest’ultima riesce ad intravedere nella detenzione un’opportunità di cambiamento.
Ci sono diverse attività rieducative, tra cui lo studio, il lavoro e la formazione, in collegamento con il mondo esterno. Il percorso di rieducazione non è semplice, anzi sono molte le complicazioni, perché spesso il recluso non riesce ad abbandonare la propria rabbia e aggressività.
La sofferenza per la mancanza di relazioni affettive rappresentano un grave disagio per i detenuti, che vengono a trovarsi lontani da famigliari, coniugi e figli.
Un elemento importante all’interno del carcere è quello di riconoscere l’altro come persona.
Cosa significa quindi educare in carcere? il carcere è un’istituzione totale e quindi si educa in un contesto che non è quello della vita reale. 
Educare in carcere significa educare alla libertà: a riconquistarla, a viverla in modo proficuo per sé e per gli altri.
Il tentativo è di spingere verso un cammino di consapevolezza, autonomia, coscienza e, in senso più ampio, di crescita.



1 commento:

  1. Il lavoro d'equipe è fondamentale
    L'educatore deve saper lavorare in gruppo

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